di Pietro Alessio Palumbo
Secondo il Tar di Latina (sentenza n. 352/2024), il consigliere comunale ha diritto di visionare o anche di chiedere copia degli atti del concorso in atto presso l’amministrazione comunale dove espleta il proprio mandato. A nulla rileva che la documentazione richiesta possa riguardare un procedimento concorsuale ancora non esaurito posto che il mandato consiliare ben può rivolgersi a sindacare la legittimità di attività ancora in corso e che, comunque, il consigliere che ottiene l’ostensione è tenuto a osservare il segreto; sicché non gli è opponibile neppure la tutela della privacy dei candidati. E anche in caso di effettiva inesistenza della documentazione richiesta “al buio” dal consigliere, gli uffici non possono rimanere inerti, avendo l’obbligo di metterglielo per iscritto.
Nella vicenda il consigliere comunale aveva chiesto al giudice amministrativo l’annullamento dell’atto di diniego dell’accesso e l’accertamento del proprio diritto ad accedere immediatamente alla documentazione amministrativa indicata nella propria istanza di ostensione senza attendere la conclusione del procedimento amministrativo cui ineriva.
Il Tu degli enti locali stabilisce che i consiglieri comunali e provinciali hanno diritto di ottenere dagli uffici, rispettivamente, del Comune e della Provincia, nonché dalle loro aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie e informazioni in loro possesso, utili all’espletamento del proprio mandato. Essi sono tenuti al segreto nei casi specificamente determinati dalla legge. L’accesso agli atti esercitato nelle prerogative rappresentative di consigliere comunale o regionale ha natura e caratteri diversi rispetto alle altre forme di ostensione poiché si esprime in un non condizionato diritto di accesso a tutti gli atti che possano essere d’utilità all’espletamento delle funzioni del consigliere; senza che gli si possa imporre di indicare specificamente le ragioni della propria richiesta. Ragionando diversamente, sarebbe introdotta una sorta di controllo dell’ente locale, attraverso i propri uffici, sull’esercizio delle funzioni consiliari.
A giudizio del Tar di Latina l’espressione contenuta nel Tu degli enti locali, secondo cui i consiglieri comunali e provinciali hanno diritto di ottenere dagli uffici dell’ente di appartenenza oltre che delle sue aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie e le informazioni in loro possesso utili all’espletamento del proprio mandato, non è interpretabile come prescrittiva di un limite, ma piuttosto nel senso che tale aggettivo comporta l’estensione del diritto di accesso a qualsiasi atto ravvisato valido per l’esercizio delle funzioni. Gli unici limiti al diritto di accesso dei consiglieri comunali e provinciali si rinvengono quindi nel principio di strumentalità, inerenza e proporzionalità, nel senso che l’esercizio del diritto deve avvenire in modo da comportare il minor aggravio possibile per gli uffici. E non deve sostanziarsi in richieste assolutamente generiche ovvero meramente emulative o di disturbo, che si traducano in un sindacato generale, indifferenziato e non circostanziato sull’attività amministrativa, fermo restando che la sussistenza di tali caratteri deve essere attentamente e approfonditamente vagliata in concreto al fine di non introdurre inammissibili limitazioni alle prerogative dei consiglieri. Pertanto in circostanze come in vicenda per il Tar non sono violati i suddetti limiti al diritto dei consiglieri comunali ad accedere alla documentazione dell’ente di appartenenza.
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