Accesso agli atti, via libera alle valutazioni dei dipendenti da promuovere ai ruoli superiori

Accesso agli atti, via libera alle valutazioni dei dipendenti da promuovere ai ruoli superiori

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Nessun diniego quando si tratta di procedure di avanzamento di carriera dei pubblici dipendenti

di Pietro Alessio Palumbo

Sole 24NT

Il Tar Basilicata (sentenza n. 73/2025) ha chiarito che in tema di istanze di accesso nessun diniego della Pa può essere fondato su presunte esigenze di privacy quando si tratta di procedure di avanzamento di carriera dei pubblici dipendenti e vengano in gioco le valutazioni sulla superiore professionalità dei colleghi che abbiano scavalcato in graduatoria il richiedente.

Nella struttura dei procedimenti di natura comparativa sono imprescindibilmente coinvolte le posizioni di terzi, per cui tale immancabile situazione non può in sé giustificare un rifiuto di accesso per ragioni di riservatezza di questi ultimi. Infatti la riservatezza concerne l’area dei dati personali, dei dati sensibili e dei dati sensibilissimi nel caso in cui vengano in rilievo, ad esempio questioni concernenti lo stato di salute, le opinioni politiche espresse, le credenze religiose, l’adesione ad associazioni sindacali o dati personali di altro tipo, come per ipotesi, l’indirizzo di residenza. E in nessuno di questi può farsi rientrare un apprezzamento di competenze e capacità del pubblico dipendente, scevro da valutazioni di attitudine o intellettive. Sono dati personali le informazioni che identificano o rendono identificabile, direttamente o indirettamente, una persona fisica e che possono fornire informazioni sulle sue caratteristiche, le sue abitudini, il suo stile di vita, le sue relazioni personali, o anche l’indirizzo IP del suo Pc ovvero la targa della sua auto. Particolarmente delicati sono i dati rientranti in specifiche categorie in cui il Regolamento Ue sulla Privacy ha incluso i dati genetici, i dati biometrici e quelli relativi all’orientamento sessuale nonché i dati giudiziari. Il diritto alla riservatezza dei propri dati personali tutela la sfera individuale più intima della persona, tuttavia non può estendersi al punto da eludere la conoscenza degli elementi indicativi della qualità di un’attività di pubblico servizio e, quindi, di un settore in cui maggiormente si avverte l’esigenza di trasparenza ed imparzialità e l’approccio meritocratico dell’azione amministrativa. La riservatezza, dunque, non può concepirsi al punto da comprendere anche l’attività esercitata da un pubblico dipendente nel suo complesso considerata, essendo limitata soltanto alla sfera della persona fisica in quanto tale che sia eventualmente coinvolta dall’attività esercitata nella qualità di pubblico dipendente. A ben vedere, infatti, ricostruendo diversamente la disciplina nazionale ed europea sulla riservatezza dei dati personali, la stessa finalità dell’istituto dell’accesso agli atti, nonché lo stesso scopo della trasparenza dei documenti e delle informazioni pubbliche sarebbero compromessi. Ciò perché essendo l’agire della Pa sempre e comunque contraddistinto da attività di persone fisiche con le quali intercorre un rapporto di pubblico impiego, la riservatezza declinata in senso ampio vale a dire quale esigenza di non pubblicità di qualsivoglia dato concernente la propria persona, e non in senso stretto ossia limitata soltanto ai dati personali identificativi o ai dati sensibili o ai dati sensibilissimi, in casi come quello affrontato dal giudice amministrativo potentino s’impedirebbe un effettivo controllo sull’operato della commissione nella valutazione di capacità e competenze professionali dei propri funzionari da promuovere a funzioni superiori. Nella vicenda venivano in rilievo esclusivamente gli elementi di valutazione dell’attività professionale di pubblici dipendenti.

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GIANNI SANNA

Consulente Dasein. Formatore. Esperto in Programmazione, Anticorruzione , Trasparenza e Privacy. Responsabile Protezione Dati (RPD/DPO).

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