Conflitto d’interessi, la denuncia penale non obbliga il Rup ad astenersi

Conflitto d’interessi, la denuncia penale non obbliga il Rup ad astenersi

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La semplice denuncia da parte dell’associazione ricorrente e anche l’instaurazione di un procedimento penale non appaiono circostanze sufficienti.

Di Michele Nico – Sole 24 NT

In tema di procedimento amministrativo l’avvio di un’indagine penale nei confronti del Rup a seguito di una denuncia sporta dall’associazione destinataria del provvedimento finale non si configura quale circostanza idonea a ingenerare un’ipotesi (neppure potenziale) di conflitto di interessi e a fondare il conseguente obbligo di astensione da parte del Rup medesimo. È quanto stabilito dal Consiglio di Stato, sezione IV, con la sentenza n. 9237/2024.

Il fatto

Un’associazione si era rivolta al Tar Calabria per impugnare il provvedimento con cui il Comune le aveva negato l’attribuzione del numero identificativo al certificato di agibilità per un immobile posto all’interno di un complesso immobiliare, destinato all’attività di asilo e scuola materna. La parte attrice lamentava la violazione dell’obbligo di astensione da parte del responsabile dell’ufficio tecnico dell’ente nella veste di Rup, dato che il funzionario, a seguito di una denuncia sporta dalla medesima associazione ricorrente, risultava indagato in un procedimento penale per fatti inerenti alla pratica in esame e, dunque, asseritamente impossibilitato a occuparsi del caso in questione. In accoglimento del ricorso il Tar annullava il provvedimento impugnato e condannava il Comune alla rifusione delle spese di lite, ma l’ente ha proposto appello dinanzi alla sezione IV, che ha capovolto l’esito del contenzioso.

Il conflitto di interessi

Il collegio ha osservato, in primo luogo, che l’articolo 6-bis della legge 241/1990, declinando il principio di imparzialità sancito dall’articolo 97 della Costituzione, stabilisce che «il responsabile del procedimento e i titolari degli uffici competenti ad adottare i pareri, le valutazioni tecniche, gli atti endoprocedimentali e il provvedimento finale devono astenersi in caso di conflitto di interessi, segnalando ogni situazione di conflitto, anche potenziale». Questo disposto, in seguito rafforzato dall’articolo 7 del Dpr 62/2013 (codice di comportamento dei dipendenti pubblici) impone che le scelte della Pa siano adottate nel rispetto della regola dell’equidistanza da tutti coloro che vengano a contatto con il potere pubblico. Di qui la necessità di evitare il conflitto di interessi, anche solo potenziale, che si verifica allorquando una determinata attività risulta affidata a un funzionario che sia titolare di interessi personali o professionali in contrasto con l’imparzialità richiesta dal ruolo che lo stesso ricopre. In questo frangente la mancata astensione del funzionario comporta una illegittimità procedimentale che refluisce sulla validità dell’atto finale, laddove sussista una situazione di incompatibilità del dipendente suscettibile di influenzare il contenuto del provvedimento, facendolo divergere con il fine di interesse pubblico.

Tornando al caso in esame la fattispecie non si è verificata perché «non stati forniti dati concreti in grado di suffragare l’esistenza di oggettive forme di inimicizia tra denunciante e denunciato al di fuori dell’occasione concretizzatasi nel diniego di attribuzione del numero identificativo al certificato di agibilità dell’immobile». Ciò ha portato i giudici a concludere che la semplice denuncia da parte dell’associazione ricorrente e anche l’instaurazione nei confronti del Rup di un procedimento penale non appaiono circostanze sufficienti a fondare l’obbligo di astensione del dipendente, perché tale obbligo «sussiste solo quando l’inimicizia sia determinata da motivi di interesse personale, estranei all’esercizio della funzione e non anche per ragioni attinenti al servizio, con la conseguenza che non può essere elemento sintomatico di una situazione di grave inimicizia nei confronti dell’incolpato anche la proposizione di denunce (cfr. sez. IV, sentenza n. 3467/2006)».

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GIANNI SANNA

Consulente Dasein. Formatore. Esperto in Programmazione, Anticorruzione , Trasparenza e Privacy. Responsabile Protezione Dati (RPD/DPO).

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